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16 marzo, 2022

Pubertà precoce per le bambine: +122% durante la pandemia

Un recente studio coordinato dall’Ospedale Bambino Gesù di Roma, con la collaborazione dei centri endocrinologici pediatrici dell’Ospedale Gaslini di Genova, del Policlinico Federico II di Napoli, dell’Ospedale Pediatrico Microcitemico di Cagliari e della Clinica Pediatrica Ospedale di Perugia, ha registrato un rilevante incremento dei casi di pubertà precoce nelle bambine prendendo in analisi il semestre marzo-settembre 2020 raffrontandolo allo stesso periodo dell’anno precedente.

L’obiettivo dello studio retrospettivo condotto è stato proprio quello di valutare i bambini osservati per sospetta pubertà precoce prendendo in analisi un campione di ben 490 bambini suddivisi in base all’anno di osservazione e alla diagnosi finale: telarca transitorio, pubertà precoce non progressiva, pubertà precoce centrale o pubertà precoce.

Ben 338 soggetti sono stati segnalati rispetto ai 152 dello stesso periodo del 2019 facendo così registrare un aumento del 122%. L’aumento è considerevole, quasi esclusivamente a carico delle bambine (328 su 338 sono ragazze, solo 10 sono ragazzi) e si è osservato in particolare nel secondo trimestre del periodo considerato (giugno-settembre). L’incidenza di ragazze con pubertà precoce centrale confermata è inoltre percentualmente più alta nel 2020 rispetto al 2019 (135 ragazze su 328, ossia il 41% nel 2020 vs. 37 ragazze su 140, ossia il 26% nel 2019).

Tale studio, pubblicato da Endocrine Connections[1], fa seguito e conferma ciò che si era incominciato a osservare in una precedente ricerca del Reparto di Endocrinologia del Bambino Gesù, guidato dal prof. Marco Cappa, per lo studio di terapie innovative per le endocrinopatie (Italian Journal of Pediatrics 2021[2]), tentando di indagare le cause attraverso la somministrazione di interviste telefoniche alle famiglie dei soggetti coinvolti per raccogliere i dati necessari alla valutazione di possibili fattori predisponenti.

Ma che cos’è la pubertà precoce?

Con questa dicitura si intende una condizione alquanto rara che porta all’inizio della maturazione sessuale prima degli 8 anni per le bambine e prima dei 9 anni per i bambini. In Italia riguarda una forchetta di 1-6 bambini ogni 1000 e comporta una trasformazione del corpo del bambino che, precocemente appunto, comincia a sviluppare caratteri sessuali e una rapida chiusura delle cartilagini di accrescimento osseo. Questi bambini, di conseguenza, crescono molto velocemente in altezza registrando poi uno stop anticipato che li ferma a una statura inferiore alla media. L’aspetto importante della diagnosi precoce sta nel fatto che se essa avviene è possibile agire per via farmacologica rallentando il sopraggiungere della pubertà.

La dottoressa Bizzarri, coordinatrice dello studio, ha commentato la disparità tra l’incidenza sulle bambine e quella sui bambini precisando che non ci sono attualmente delle spiegazioni scientificamente accertate, ma che è stato comunque registrato come la pubertà precoce sia “più spesso il risultato di mutazioni genetiche predisponenti o disturbi organici dell’asse ipotalamo-ipofisario”. Nelle bambine osservate per pubertà precoce non c’è stata differenza tra 2019 e 2020 per l’età media rilevata di insorgenza (intorno ai 7 anni), non ci sono state neanche differenze significative per quanto riguarda i parametri clinici e auxologici (quali peso, altezza, BMI, peso alla nascita, età di inizio dei sintomi) e, dunque, la differenza significativa registrata è soltanto quella che concerne abitudini e stili di vita.

 Infatti, l’aumento dei casi più significativo è quello di pubertà precoce a rapida evoluzione, ossia quella che richiede una specifica terapia farmacologica e sulla quale abitudini alimentari e di stili di vita incidono maggiormente. Dalle interviste condotte con le famiglie dei bambini coinvolti nello studio è emerso un uso considerevolmente aumentato dei dispositivi elettronici, quali pc, tablet e smartphone rispetto al 2019. L’introduzione della dad, l’uso dei dispositivi anche nel tempo libero come strumento di svago (visto il confinamento domestico), in abbinamento a una drastica riduzione dell’attività fisica praticata e all’introduzione di una quantità maggiore di cibi di “conforto”, sono risultati fattori che hanno poi correlato con l’insorgenza della pubertà precoce. Da non sottovalutare, infine, il riferito cambio del comportamento e l’aumento di sintomi riconducibili allo stress nel periodo in esame, stress emotivo confermato anche da diversi studi scientifici portati avanti nel periodo pandemico e che già in precedenza avevano evidenziato un aumento importante dei disturbi comportamentali-emotivi del bambino[3].

Sempre la dottoressa Bizzarri ha, a tal proposito, sottolineato che, se da un lato è innegabile l’associazione positiva tra benessere fisico e benessere psicologico, dall’altro va anche presa in considerazione quella negativa che associa uno stile di vita sedentario (ancor di più se in seno all’isolamento sociale) all’aumento di una percezione della vita meno appagante, di ansia e di pensieri depressivi. «Sappiamo che la secrezione dell’ormone ipotalamico che dà inizio allo sviluppo puberale (GnRH) è regolata a livello del cervello, ma i meccanismi responsabili non sono ancora completamente noti. Potremmo presumere che una disregolazione dei neurotrasmettitori cerebrali indotta dallo stress sia alla base dell’aumento di nuovi casi di pubertà precoce osservati durante la pandemia. Lo stress potrebbe agire come un fattore scatenante più potente sui neuroni che secernono GnRH nelle ragazze con ulteriori fattori di rischio, come uno stile di vita sedentario e un eccessivo uso di dispositivi elettronici già evidenti prima della pandemia. La verifica di questa ipotesi apre interessanti prospettive di sviluppo per la ricerca clinica nel campo della pubertà precoce dei prossimi anni»[4].

Sebbene, dunque, non ci sia la certezza del nesso causale con questi fattori, sarebbe però imprudente ignorare i risultati ottenuti dallo studio e non prendere in considerazione la possibilità che tali fattori possano aver innescato una precoce attivazione puberale nei soggetti già predisposti, vista l’impennata del +122% descritta in principio. Risultati che devono farci riflettere sull’importanza dei fattori ambientali a cui viene esposto il bambino nella fase dello sviluppo.

Dr.Alfio Garrotto

 

[1] https://ec.bioscientifica.com/view/journals/ec/aop/ec-21-0650/ec-21-0650.xml

[2] https://ijponline.biomedcentral.com/articles/10.1186/s13052-021-01015-6

[3] L’Unità di Neuropsichiatria Infantile del Bambino Gesù, in particolare, ha condotto nel 2021 una ricerca che ha portato come risultato l’evidenza di un disturbo da stress post-traumatico dovuto alla quarantena e/o all’isolamento sociale nel 30% dei bambini osservati.

[4] https://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=101851