PACE: un innovativo software che sostituisce la TAC
Una ricerca nata dalla collaborazione delle due Università di Messina e di Catania ha reso possibile rielaborare in chiave medica un software, precedentemente sviluppato all’interno di una ricerca tecnologica dell’INGV, rendendolo utile nell’elaborazione migliorativa (e conseguente lettura) delle radiografie in immagini TAC. Si tratta dello studio intitolato “Pipeline for Advanced Contrast Enhancement (PACE) of Chest X-ray in Evaluating COVID-19 Patients by Combining Bidimensional Empirical Mode Decomposition and Contrast Limited Adaptive Histogram Equalization (CLAHE)”[1] e pubblicato il 16 ottobre scorso sulla rivista «Sustainability» del MDPI (Multidisciplinary Digital Publishing Institute).
La tecnologia che sta alla base del software PACE era in precedenza stata sviluppata dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia per studiare “lo stato di salute” della crosta terreste e di conseguenza monitorare eventuali problemi nei vari strati della crosta, l’aspetto sorprendente, dunque, è stato il constatare come tra l’interno della Terra e l’interno dei polmoni vi fosse in qualche modo un’analogia! Il ricercatore dell’INGV Massimo Chiappini, tra i coautori della ricerca, ha affermato che essa «nasce proprio dall’intuizione di utilizzare su immagini mediche le stesse tecniche di trattamento delle immagini che utilizziamo normalmente per la rappresentazione del sottosuolo nelle aree soggette a rischio sismico, vulcanico o ambientale»[2]. È stato l’approccio multidisciplinare a rivelarsi vincente, poiché andando oltre le iniziali titubanze si è compreso che quell’assurda analogia poteva invece essere la chiave per mettere a punto un sistema innovativo in campo medico.
In un periodo molto complesso a livello sanitario, con l’emergenza COVID-19 che deve essere costantemente essere tenuta a bada, uno dei problemi riscontrato nei reparti è proprio quello della difficoltà nella valutazione radiologica dei pazienti che nel decorso della malattia si sono aggravati con serie patologie polmonari che necessitano di un’attenta analisi di eventuali lesioni polmonari per capire sia il tipo di evoluzione della malattia, sia quali terapie nello specifico mettere in campo. Non sempre il monitoraggio, però, si è rivelato semplice da portare avanti perché la maggioranza dei pazienti che si trovano nella fase acuta della malattia o sono poco collaborativi o si trovano in terapia intensiva, rendendo così necessario procedere alle radiografie con strumenti portatili che generano risultati meno leggibili e talvolta immagini compromesse o non abbastanza chiare nell’individuazione delle lesioni polmonari. Inoltre, come si legge nell’abstract della ricerca, la tomografia computerizzata (TAC) del torace, usata largamente in Cina, ha sì riportato un successo significativo nel monitoraggio, ma tale tipo di «approccio non può essere utilizzato in modo massiccio, principalmente per due motivi: l’alto rischio e i costi. Inoltre, in alcuni paesi, questo strumento non è diffusamente disponibile»[3]. Motivo per cui si è spesso ricordo, come spiegavo poco fa, alla radiografia del torace, sebbene essa sia meno sensibile della TAC. La ricerca si è rivolta dunque a trovare uno strumento di post-elaborazione che fosse in grado di migliorare la qualità delle immagini prodotte dalle radiografie tradizionali. Ecco come è nato PACE (Pipeline for Advanced Contrast Enhancement), il cui algoritmo è in grado di combinare alcuni applicativi numerici di elaborazione delle immagini, come la decomposizione empirica bi-dimensionale, il filtro omomorfico e l’equalizzazione adattiva dell’istogramma in modo efficiente. I risultati hanno, infatti, mostrato un netto miglioramento del contrasto dell’immagine come confermato da tre metriche ampiamente utilizzate: «(I) indice di miglioramento del contrasto, (II) entropia e (III) misura del miglioramento»[4]. Questo miglioramento fa sì che siano rilevabili le stesse lesioni che sarebbero poi state evidenziate procedendo con una TAC (le comparazioni lo hanno reso visibilmente evidente). Il Professor Gaeta del Dipartimento di Scienze biomediche, Odontoiatriche e delle Immagini Morfologiche dell’Università di Messina ha, a questo proposito, affermato che: «Dal punto di vista clinico è stato fondamentale verificare che le informazioni aggiuntive prodotte da PACE fossero reali. Per far questo, sono state effettuate e confrontate congiuntamente le radiografie del torace e quelle delle TAC tradizionali: il grande successo è stato quello di verificare che le lesioni aggiuntive che il software PACE rilevava nelle semplici immagini radiografiche fossero tutte confermate dalle TAC»[5].
L’approccio del metodo PACE è, perciò, flessibile ed efficace per il miglioramento dell’immagine medica e potrà essere utilizzato come strumento di post-elaborazione per la comprensione e l’analisi di quest’ultima, non solo ora, durante l’emergenza sanitaria, ma anche per il futuro, aprendo la strada a una modalità più economica e meno invasiva.
Credo davvero che gli effetti dell’applicazione del software PACE per il futuro potranno essere di grande rilevanza poiché si potrà far sì che l’uso della TAC non sia più indispensabile. Non è da sottovalutare questo aspetto in quanto vi sono dei casi limite in cui l’accesso alla tomografia non sarebbe semplice oppure quando c’è un numero troppo altro di pazienti che sono in attesa di questo esame diagnostico o ancora nel caso di quei Paesi in cui il costo del macchinario è troppo elevato e diventa assolutamente impensabile pensare di poterlo sostenere in vista della dotazione di tutte le strutture. Senza contare che, con PACE, basterà un solo intervento sul paziente tramite esame radiografico (nel caso del Covid ciò ha ridotto il rischio di diffusione anche tra gli operatori sanitari) e in tempi brevissimi si potrà avere il risultato.
L’ambizioso progetto, oltre al team guidato dal ricercatore dell’INGV Massimo Chiappini (di cui ho già fatto menzione), ha visto la partecipazione sinergica di due Università siciliane: quella di Messina con un team del MIFT (Dipartimento di Scienze Matematiche, Informatiche, Fisiche e della Terra) guidato dal Professor Giovanni Finocchio e uno del Dipartimento di Scienze Biomediche, Odontoiatriche e delle Immagini Morfologiche guidato dal Professor Giuseppe Cicero; e quella di Catania con un gruppo lavoro a direzione dei Professori Giulio Siracusano e Aurelio La Corte. A riprova dell’importanza clinica di questa ricerca, i suoi risultati sono stati resi liberamente consultabili per tutta la comunità scientifica.