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19 novembre, 2020

SIU e Fondazione Movember insieme per la salute maschile

Il mese appena trascorso, quello di novembre, è stato il mese in cui si svolge ormai ogni anno una campagna di sensibilizzazione sulla salute dell’uomo, nella quale si uniscono le forze della SIU (Società Italiana Urologia) e della Fondazione Movember, che prende il nome dalla simpatica crasi tra le due parole inglesi “moustache” (baffi) e “november” (novembre). Proprio dalla sinergia di queste due realtà anche quest’anno sono state messe in campo varie iniziative soprattutto per quella che è la malattia per eccellenza per quanto riguarda la salute maschile, ossia il tumore alla prostata che, purtroppo, colpisce ogni anno all’incirca 37 mila persone in Italia. Sono numeri alti, certo, ma il dato incoraggiante è che grazie alle diagnosi sempre più precoci, dovute anche a screening personalizzati, e a delle terapie in continuo perfezionamento, questi numeri stanno rallentando.

La misurazione del psa, dunque, è un esame diagnostico importante che ha permesso di diminuire la mortalità specifica del 21%, ma bisogna affidarsi sempre al proprio medico specialista, in quanto spesso i valori possono risultare alterati a causa di una iperplasia benigna o di un’infezione. Ecco perché questa misurazione va valutata attentamente, anche in base all’età del paziente, alla familiarità con la patologia e all’eventuale esposizione a fattori di rischio. La diagnosi è molto delicata poiché nelle prime fasi della malattia non vi sono sintomi evidenti, che invece si manifestano soltanto in stadi più avanzati e comunque sono tali per cui possono essere riconducibili ad altre patologie diverse dal tumore della prostata. Solo la biopsia del tessuto prostatico è in grado di indicare con certezza la presenza della malattia, ma essendo un esame invasivo si cerca di arrivarci soltanto in casi di necessità. Proprio il dottor Francesco Porpiglia, Professore Ordinario di Urologia all’Università di Torino e Responsabile dell’Ufficio Scientifico SIU si è espresso in merito all’importanza degli screening, precisando però che per trarne reale beneficio bisogna essere cauti: «Se si sottopone tutta la popolazione a uno screening del psa, il beneficio di una diagnosi si avrà solo tra i 55 e i 64 anni, mentre per gli altri intervalli di età c’è il rischio di sottoporre a terapia medica o chirurgica pazienti sui quali non si avrebbe miglioramento della sopravvivenza, perché la malattia non impatta clinicamente su di loro», ecco perché è importante utilizzare in modo corretto gli strumenti di screening e piuttosto accedere a esami diagnostici di precisione affinché si possano evitare biopsie, vista la loro invasività, laddove fossero inutili.

Importanti novità sul fronte della ricerca.

Apprendo con piacere varie news dal mondo della ricerca, come ad esempio che l’Airc ha rinnovato i fondi per lo step evolutivo di un precedente studio che era stato promosso dal Ministero della Salute e che già in passato ha prodotto risultati notevoli, ossia la ricerca portata avanti dalla dottoressa Emma Di Carlo, docente all’Università Gabriele D’Annunzio e Direttrice dell’Unità Operativa di Anatomia Patologica e Immuno-Oncologia del cast (Centro di Alte Specialità e Trapianti). «Con il progetto quinquennale dell’Airc possiamo portare avanti una nostra scoperta sul ruolo di una piccola molecola, denominata Interleuchina (IL)-30. Queste molecole hanno un ruolo nel sistema immunitario ma, nel contesto della genesi del tumore, ne favoriscono lo sviluppo e la progressione. Avevamo scoperto che questa molecola è un fattore di crescita per le cellule staminali tumorali prostatiche e abbiamo dimostrato che, bloccandone la produzione, venivano bloccata la capacità delle cellule staminali tumorali di generare tumore e inibita la capacità metastatica delle cellule tumorali, cioè la capacità di disseminarsi e andare a colonizzare midollo osseo, polmone e altri organi», queste le sue parole in merito. Nella seconda fase dello studio (2019-2024) verrà simulato il contesto di un organo artificiale riprodotto in laboratorio nel quale testare un sistema di inibizione della molecola IL-30, verificando quale sia la reale efficacia del “targeting” della molecola. Per adesso si è alla fase della sperimentazione animale, portata avanti nel pieno rispetto dei limiti etici. Anche se per adesso non si è ancora in grado di annunciare nessun tipo di passaggio alla fase clinica, è comunque un progetto molto ambizioso e che potrebbe far sì che si compia un enorme passo in avanti per il trattamento dell’avanzamento del tumore.

Infine, per chiudere con un’altra bella notizia nell’ambito della ricerca, vi segnalo che lo studio sul trattamento con radiofarmaci della molecola 177Lu-PSMA nei tumori della prostata in stadio avanzato, portato avanti dal Professor Giovanni Paganelli, con la sua equipe di Medicina Nucleare e quella di Uro-Ginecologia del Dottor Ugo De Giorgi, ha vinto il prestigiosissimo Marie Curie Award, ossia il più importante premio europeo nel campo della medicina nucleare, istituito nel 1990 dall’eanm (European Association of Nuclear Medicine). Il premio è stato consegnato in forma “virtuale” il 30 ottobre durante il XXXIII Congresso dell’eanm tenutosi a Vienna

L’approccio sperimentale descritto nello studio del Professor Paganelli (già vincitore nel 1998 del premio Curie con un altro suo studio) è tra l’altro una delle nostre eccellenze italiane in quanto utilizzato presso l’IRST, nell’ambito di un preciso protocollo clinico. «Questo particolare tipo di trattamento riguarda quella porzione di malati di tumore alla prostata verso cui i trattamenti consolidati, quali chemio e ormonoterapia, non sortiscono effetti. La cura si basa su una terapia che utilizza un radiofarmaco diretto contro un marcatore tumorale presente sulle sole cellule malate: il PSMA (Prostate-Specific Membrane Antigen). L’innovatività del lavoro premiato è data, però, dal disegno dello studio che ha permesso di identificare una categoria di pazienti che, per caratteristiche genetiche, beneficiano di una significativa risposta a questo trattamento sia dal punto di vista del contrasto alle lesioni tumorali sia per quanto riguarda la tolleranza. Viceversa, esiste una categoria di pazienti verso la quale è più opportuno tentare altre vie». Uno studio, insomma, che nonostante non sia ancora adottato in tutte le strutture cliniche, potrà grazie a questi studi e approfondimenti essere anche trasferito a beneficio dell’intero SSN.

Si dice che il cancro, di qualsiasi tipo, sia il “male del secolo”, quel mostro oscuro che fa paura e non lascia scampo, be’ quello che la medicina cerca di fare, e debbo dire che ultimamente sono stati raggiunti davvero ottimi risultati, è di renderlo sempre meno oscuro e sempre più vulnerabile, affinché il paziente possa sconfiggerlo e vincere la partita più importante, quella della vita!

Dr. Alfio Garrotto